Il canto liturgico

“Ogni giorno, tutti insieme, frequentavano il tempio, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo” (Atti, 2, 46). 

il canto liturgico musica sacra

Il canto da sempre è stato espressione di comunità. Insieme si canta lo stesso canto. Si può parlare in modi diversi e con parole diverse. Il canto rinsalda l’unione del gruppo. La lode per essere completa ha bisogno del canto. Il canto sacro è segno della supplica, della lode, della meditazione, dell’amore.

La preghiera nella celebrazione, “acquista una espressione più gioiosa, il mistero della sacra liturgia e la sua natura gerarchica e comunitaria vengono manifestati più chiaramente, l’unità dei cuori è resa più profonda dall’unità delle voci, gli animi si innalzano più facilmente alle cose celesti e la celebrazione prefigura più chiaramente la liturgia che si svolge nella Gerusalemme celeste”. (Musicam Sacram, 5). 


Paolo VI così dichiarava "Nel canto si forma la comunità, favorendo con la fusione delle voci, quella dei cuori, eliminando le differenze di età, di origine, di condizione sociale, riunendo tutti in un solo anelito nella lode a Dio”.

Giovanni Paolo II diceva di far risuonare con maggiore intensità e consapevolezza il “Veni creator Spiritus”. Far risuonare, fa cantare con la voce e ancora di più con la vita, allora il Cantare è proprio di chi ama” (S. Agostino). 

Il canto è un gesto impegnativo e molto personale. Una tradizione lunga ed ininterrotta sta a significare come il canto è stato per tanti fedeli strumento utile e indispensabile per una preghiera più piena ed efficace; 

“La musica viene dallo Spirito Santo, cantare vuol dire riprodurre una melodia ispirata dallo Spirito Santo e rimandarla al Padre come fosse una sorte di eco”.  Il canto deve essere una preghiera, e il canto liturgico dovrà formare un’unione inscindibile tra silenzio e suono, tra parola e canto, tra preghiera e bellezza, tra rito e musica. La forza e la presenza dello Spirito deve far scomparire la musica, i cantori, i musicisti, i solisti e deve far vedere il Cristo celebrato. 

Sacrosantum Concilium al n. 112 così recita: “Perciò la Musica sacra sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all’azione liturgica”. Il canto ha una funzione liturgica perché è un’azione liturgica. La Riforma Liturgica non si è limitata a dire di usare il canto nelle celebrazioni, ma ha detto di celebrare cantando.


Il canto liturgico, si colloca all’interno di un contesto simbolico-sacramentale, perciò diventa azione, evento, simbolo che partecipa al dinamismo simbolico della liturgia stessa.


Ecco allora la vera funzione del canto: essere un segno liturgico, cioè deve rimandarci al di là di se stesso. Quando è unito strettamente all’azione liturgica, quando aiuta l’assemblea cristiana a sentirsi “una voce” nell’innalzare la lode al suo Signore, quando realizza la vera solennità celebrativa, quando il testo esprime ed evidenzia la Parola, quando si utilizza al meglio e con precisione il linguaggio musicale: solo allora possiamo dire che quel canto è un vero segno liturgico.


Quando ci comunichiamo non lo facciamo per assaporare sulle labbra il gusto del pane o del vino, ma per mangiare sacramentalmente il corpo e il sangue di Cristo. Quando cantiamo o ascoltiamo, o suoniamo, non lo facciamo per recarvi un piacere estetico-musicale, per quanto nobile, ma per diventare più profondamente con tutta la Chiesa, quella supplica o quella lode che noi stessi esprimiamo. Impegno di tutti, sacerdoti e laici, sarà quello di rendere parlante questo segno liturgico del canto.


La musica, come l’angelo dell’Annunciazione, una volta adempiuto il proprio compito, scompare per permettere alla Parola di Dio di entrare nel cuore del credente. La musica conduce all’incontro con Cristo, non lo sostituisce. Per tale motivo anche durante la stessa celebrazione, ad un certo punto, deve succedere che la musica non deve più preoccupare o attirare su di se l’attenzione degli stessi musicisti, deve “scomparire”. Cantare con il cuore e non soltanto con le labbra. Il ministero del canto è uno strumento di cui si serve lo Spirito Santo per muovere alla lode i cuori.


Paolo VI parla così del canto: “E che il canto divenga coefficiente della vita cristiana, come esorta sant’Agostino “cantate con la voce, cantate con la bocca, cantate con i cuori, cantate con un comportamento retto (…) cantate al Signore un canto nuovo! La sua lode risuoni nell’assemblea dei santi”. Il cantore, egli stesso, è la lode che si deve cantare. Volete dire la lode di Dio? Voi siete la lode che si deve dire. E siete la sua lode, se vivete in modo retto”.

Attraverso i termini utilizzati dai vari papi si evince l’evoluzione del concetto della musica liturgica. Pio X la chiamava “humilis ancilla”, Pio XI la definiva “nobilis ancilla”, un altro passo avanti lo compie Pio XII nell’affermare che la musica era “liturgiae quasi administra”. Fino ad arrivare al vero concetto espresso dal Vaticano II: il “munus ministeriale” della musica liturgica. Parlare di compito ministeriale significa collocare la musica al suo posto giusto. 


C’è ancora molto cammino da fare: il campo è ancora occupato da incompetenti, improvvisatori, strimpellatori, a volte neanche animati da buona volontà, ma da presunzione che comunemente si accompagna all’ignoranza. Occorrono scuole di musica sacra, corsi e seminari di studio e specialmente la consapevolezza da parte del sacerdote, ultimo responsabile della celebrazione liturgica, di avere animatori musicali degni e competenti. Così come ci si preoccupa di formare i catechisti, gli animatori pastorali, i responsabili del gruppo giovani, altrettanto impegno va posto per formare i responsabili della musica liturgica: la guida dell’assemblea, il direttore di coro, i solisti, i cantori l’organista e gli altri strumentisti. Saper leggere uno spartito, insegnare un canto, saper dirigere l’assemblea, imparare ad usare l’organo a canne, sfruttare le nuove sonorità delle tastiere elettroniche, usare bene la chitarra classica, cantare bene un salmo, saper intonare un canto, arricchire di una seconda voce il canto dell’assemblea, conoscere le varie forme musicali: non sono optional facoltativi e liberi, ma sono l’essenza stessa del nostro servizio musicale. 

Le conclusioni allora le lascio ai Padri: “Quante lacrime versate, ascoltando gli accenti dei tuoi inni e cantici, che risuonavano dolcemente nella tua Chiesa! Una commozione violenta: quegli accenti fluivano nelle mie orecchie e distillavano nel mio cuore la verità, eccitandovi un caldo sentimento di pietà. Le lacrime che scorrevano mi facevano bene” .  (Sant’Agostino)


“Suona il salmo: è voce dello Spirito. 

Suona l’Evangelo: è voce dello Spirito. 

Suona l’omelia: è voce dello Spirito. 

Lo Spirito parla nel silenzio, e poi esplode nel canto: 

quando lo Spirito parla, tace la voce; 

e quando lo Spirito tace, la voce proclama”. (Cit.)


Francesco Morgante

Diploma in musica liturgica conseguito con l'Ufficio lliturgico Nazionale. Frequenta il 4 anno della scuola per ministeri laicali presso il Seminario maggiore di Agrigento. Iscritto al primo anno del corso di Liturgia per la Pastorale presso la Pontificia Università Sant'Anselmo di Roma. Responsabile della liturgia presso la parrocchia di appartenenza BMV del Transito di Favara (AG)


Citazioni da: Canto e Musica per celebrare

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